Intervista a Donato Dozzy

S: La tua passione per il vinile inizia molto presto, già dalla tua infanzia: quali sono gli artisti che ti hanno maggiormente influenzato in questa prima fase del tuo approccio alla musica?
D: Considera che stiamo parlando di fine anni ’70/primi anni ’80: fra tutti nomi che potrei farti ti dico Giorgio Moroder, per l’aspetto più disco, e Cerrone. Poi dei gruppi che facevano cose non proprio disco, cioè delle cose anche diverse, che mi piacevano un casino, come per esempio gli Who con Tommy, film che vedevo di continuo. Mi interessa sempre l’aspetto psichedelico della faccenda, ovvero della musica.

S: Quali sono i fattori che successivamente ti hanno portato a scegliere la musica elettronica?
D: Il tipo di suono, cioè il modo in cui i suoni venivano assemblati: mi piaceva sentire cose armoniche create con dei sintetizzatori e mi entusiasmava il modo in cui tutto ciò suonava, in un periodo in cui non percepivo l’elettronica come tale…

S: Come hai conciliato i tuoi studi con la tua passione per il mondo musicale?
D: Mi sono laureato in Scienze Politiche nel 2000 discutendo una tesi sulle relazioni e sui trattati politici fra Inghilterra e Giappone: sono riuscito sempre a conciliare gli studi con la musica, perché comunque organizzavo serate anche in ambito universitario, come per esempio alcune, molto suggestive, in un barcone sul Tevere. Per me la tematica ed il contesto contano tantissimo. Quindi le mie collaborazioni come dj sono iniziate già durante il periodo universitario; poi, una volta laureato, sono approdato al Brancaleone.

S: Quanto è stato importante per te suonare in un locale famoso come il Brancaleone di Roma?
D: Molto. L’incontro con il Brancaleone è stato del tutto casuale: è avvenuto grazie ad un amico, Massimo Trodini, che mi ha portato lì dentro. All’inizio facevo serate con i resident dj del sabato. Una volta organizzammo la serata dei Thievery Corporation, che ancora lì non conosceva nessuno, era il giugno del ’99. Dopo di che sono rimasto al Brancaleone, abbiamo continuato ad organizzare altre serate e dopo pochi mesi mi hanno preso come resident.

S: Hai definito la tua musica, con una bellissima frase, “un ipnotico viaggio musicale dal mutevole contorno circolare”: che cosa vorresti aggiungere a questo tuo pensiero?
D: Non aggiungerei altro, se non il seguito di quella frase: “la battuta per minuto dipende solo dal contesto”. Sono tutti suoni che, incastrati insieme, producono una musica a 360°. E’ un concetto che applico alla musica per esteso, anche alla drum ‘n bass, per esempio.

S: Per cui il “circolare” è un concetto che applichi non solo alla musica elettronica?
D: Sì, alla vita., a quello che mi succede, ai modi in cui sono ispirato: è per questo che ogni mio lavoro ritorna nel “circolare”. Per me è importante tutto, anche una cadenza, che magari ritrovo a livello di emozioni: è il potere del loop.

S: Come hanno contribuito le serate Microhouse e Nova all’evolversi del tuo percorso musicale?
D: Le serate Microhouse e, adesso, Nova al Brancaleone hanno rappresentato per me un laboratorio. Alcuni tra i piu’ bei ricordi sono legati alle interminabili sessioni nella chillout room, di cui il club dispone. Talvolta c’erano appena 10/15 persone e spaziavo molto con la fantasia, mettevo di tutto. 1999-2003. Gli anni in cui ho assemblato quello che è oggi il “mio suono”.

S: Rappresenti uno dei promotori prinicipali della musica underground a Roma e in tutta Italia, attualmente respiri la vibrante energia di Berlino, dove vivi. Le tue perfomances sono di grande impatto emozionale. Come definiresti il tuo rapporto con il tuo pubblico e in quale misura incide nelle tue produzioni musicali?
D: Ti correggo: da tre mesi il mio studio è in Italia, a S. Felice Circeo, dove vivo, non abito più a Berlino. Ogni due mesi vado al Panoramabar a fare la mia serata; è rimasto comunque questo grande rapporto con la capitale tedesca, non ne posso fare piu’ a meno!

S: Il rapporto col pubblico è stato molto forte.. ma successivo al momento creativo.
D: Il tuo essere artista nasce anche dal Circeo?

S: Sono alimentato dal Circeo, dalla Maga Dormiente, è un posto incantato!
D: La tua eccezionale abilità come dj si dimostra anche nell’uso di tre piatti: quale tipo di ricerca c’è dietro questa tua continua sperimentazione?Non una particolare ricerca, perché è stata un’esigenza tecnica: mixo dall’’82/’83 e ho sempre avuto cura della parte tecnica. Comunque tutto dipende dall’impianto di monitoraggio: se ne trovo uno adatto alle mie capacità ne sono contento, però questo non vuol dire che userò tutti e tre i piatti. Nasce come cosa spontanea, perché mi trovo sotto tre piatti, potrei suonare anche con cinque!

S: Quanto hanno influito la tua collaborazione con i Kitchentools e le successive incisioni (con Orange Groove, Persona rec., Elettronica Romana, Mentalgroove) sulla nascita della tua etichetta Dozzy Rec.?
D: Io ho cominciato suonando con i Kitchentools, prodotti dalla Virgin, per poi arrivare alla decisione di fare qualcosa di settoriale, di piccolo, ma che comunque avesse un senso. Sono passato perciò da una major a labels più piccole: dopo aver fatto dischi per Elettronica Romana, Orange Groove, Lan Muzik e Mental Groove ho creato la Dozzy Rec col mio amico Habib Khavari. Comunque di tutte le etichette con cui ho collaborato non posso che parlarne bene.

S: Le major decidono in base al business?
D: Hanno deciso in base al business ….ma ora il business non si fa più come si faceva 15 anni fa: ai giorni nostri con l’apporto di internet è tutto diverso. Sono conscio di tutto cio’ ma detto fra noi cerco ancora il vinile, continua ad essere una mia grande passione.

S: Nel tuo ultimo lavoro, Dimensions E.P., si respira un’atmosfera che espande il suono verso l’infinito. Il tuo approccio alla dimensione elettronica quali novità ha apportato in questa produzione? Il viaggio verso spazi sconosciuti inizia con Gol e continua, in un crescendo, con la seconda track Fazah: quali cariche emotive hanno contribuito alla realizzazione di questo disco?
D: Le cariche emotive sono le stesse, sono cambiate delle soluzioni tecniche, ho cambiato molto la strumentazione. Il viaggio musicale è lo stesso, anzi, ha trovato in quelle tracce lì una fase successiva. L’aspetto psichedelico è sempre presente. In Dimensions E.P. è il tempo che parla, in quanto il disco rappresenta un periodo particolare, molto emotivo, che riguarda frebbraio–aprile 2006.

S: Stasera che cosa ci fai sentire qui al Feedback?
D: Ho un po’ di dischi, vedremo!

S: Il domani è un’opportunità o una scusa?
D: E’ un argomento su cui si fanno sempre discorsi di massima, però poi alla fine nella vita ci troviamo a dover affrontare il domani, parlo per esperienze personali. Molte volte, poi, ci aggrappiamo al domani per sopperire alle nostre esigenze. C’è la causalità della vita e lasciamo passare il tempo, mentre potremmo sfruttarlo meglio. Ora come ora penso “carpe diem”, anche perché poi domani magari non ci siamo più: il tempo non può essere sciupato...


 
 

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